Relazioni con asterisco: dal “non voglio niente di serio” al “non è il momento giusto”

Ognuno ha i propri hobby e le proprie collezioni.

C’è chi colleziona francobolli, chi piante grasse, chi oggetti vintage.
C’è chi conserva ritagli di giornali, pupazzetti, biglietti d’auguri, penne strane… Io, per esempio, ne ho un po’ di tutti i tipi.

E poi c’è chi colleziona storie d’amore perfettamente lineari: dritte, pulite, senza intoppi.
Che meraviglia, direte voi.

Io… no.
Io colleziono relazioni con asterisco.

(Oltre a tutte le altre collezioni bizzare, ma ne parleremo in seguito).

Quell’asterisco che negli appunti significa: “c’è dell’altro… ma non abbiamo il tempo (o il coraggio) di approfondire.

Ecco, le mie relazioni funzionano così: scorrono anche bene… finché non spunta la nota a piè di pagina che puntualmente complica tutto.

Cosa sono le relazioni con asterisco

Cosa sono le relazioni con asterisco: donna seduta con un asterisco sopra la testa e un gatto ocra su un libro che la guarda ironico
Quando l’amore ha note a piè di pagina: il mondo delle relazioni con asterisco visto da Cat Lady.

Una relazione con asterisco per me no è un modo per parlare di storie che non rientrano nei modelli tradizionali, che hanno sempre un “ma”, un “poi” o un “forse”. Una relazione che un po’ lo è ma un po’ non lo è. Un po’ come le virgolette.

Ecco la mia collezione di francobolli… ehm, no: di asterischi

Relazione n.1: “Sì, però…”

Sembrava tutto perfetto: weekend insieme, passeggiate infinite, persino un progetto vacanza accennato come se fosse normale.
Poi è arrivato il suo famoso:

Sì, ti vedo… però dipende da come sto messo.”

Una volta il “però” era il mal di testa.
Un’altra la partita.
La terza… sinceramente non ricordo nemmeno più.

Ogni suo “però” era una piccola puntura. Non un dolore grande, ma un fastidio che alla lunga diventa verità.
A un certo punto ho capito: quel “però” non era un dettaglio. Era la relazione.

“Il problema non era il tempismo. Era lui.”

Relazione n.2: “Non voglio nulla di serio… ma ti scrivo ogni giorno”

Questa era proprio la classica relazione del “non voglio niente di serio”.

Lui diceva di non volere legami, ma mi mandava più messaggi di mia madre.
Buongiorno.
Com’è andato il lavoro?
Che mangi?
Sei rientrata?
Dormito bene?

E se non rispondevo subito, arrivava il follow-up:
“Tutto ok?”

Un’attenzione quasi da fidanzato, un coinvolgimento zero da compagno.
Un tipico esempio di relazione con qualcuno che dice di non voler nulla di serio, ma si comporta da partner.

Mi faceva sentire scelta e non scelta allo stesso tempo: una delle sensazioni più destabilizzanti che una persona possa provare.

E io lì a chiedermi se fosse confuso lui… o se lo fossi io.

Relazione n.3: la famosissima “Non è il momento giusto”

Ah, questa. La mia preferita.

Era proprio la tipica relazione del “non è il momento giusto”, quella in cui il problema sembra sempre il calendario.

Non era il momento giusto a gennaio.
Non lo era a marzo.
Non lo era nemmeno a luglio.

Il tempismo è importante, certo… ma dopo sei mesi ho capito che non era davvero una questione di tempistiche.

Aspettare quel famoso “momento giusto”’ mi dava la sensazione di stare in sala d’attesa per una vita intera.

Era una relazione rimandata, la classica storia piena di “non adesso”, “più avanti”, “quando starò meglio”.

Il problema non era il momento giusto.
Era lui.

E allora perché continuo con gli asterischi?

Me lo chiedo spesso.

Per abitudine?
Perché l’imperfezione mi sembra casa?
Perché una parte di me ha sempre pensato di meritare quasi, e mai tutto?

A volte penso che gli asterischi mi attirino perché raccontano che la vita non è perfetta. Sono quelle storie che ti fanno ridere, piangere, crescere e soprattutto… scrivere.

E lo ammetto: quando va tutto troppo liscio, un po’ mi spaventa.
L’asterisco è familiare. So muovermici.

Queste relazioni, però, mi hanno insegnato pezzi importanti di me:

  • che so amare tanto
  • che so aspettare troppo
  • che so giustificare l’ingiustificabile
  • che so vedere potenziale anche dove non c’è

La svolta (o almeno ci provo)

Sto imparando a capire quando l’asterisco è un dettaglio innocuo… e quando è un cartello lampeggiante che dice: “scappa finché sei in tempo”.

C’è un punto in cui non si tratta più di loro, ma di noi: di quanto siamo disposte a restare in storie che ci danno metà quando vogliamo tutto.

Sto imparando a non farmi incantare dalle mezze attenzioni, dai “quasi”, dai “un giorno”: tutti quei segnali tipici delle relazioni non definite, delle quasi-relazioni, delle storie che restano sospese.

E soprattutto sto capendo che una relazione non dovrebbe richiedere traduzioni, decoder o legenda in fondo alla pagina.

Una storia sana è chiara: non è un quasi-amore pieno di note a piè di pagina.

Morale della storia?

Forse non ho ancora incontrato la relazione senza asterisco.

O forse sto finalmente diventando il tipo di persona che non collezionerebbe più quelle storie.

Voglio una relazione senza rimandi, senza chiarimenti, senza note in fondo pagina.
Una relazione leggibile.
Ad alta definizione.
A tutto schermo.

E quando arriverà — se arriverà — saprò riconoscerla. Perché non avrà bisogno di essere interpretata: sarà chiara da sola.

E tu?

Hai mai vissuto una relazione del “non voglio niente di serio”?
O una relazione del “non è il momento giusto” che sembrava piccola e invece cambiava tutto?

Raccontamelo nei commenti: la mia collezione ormai è completa… magari somiglia alla tua.


Lascia un commento